Riassunti appunti ed Esame di stato

martedì 20 dicembre 2011

Test di Luscher e psicologia del colore




Vi allego un documento che ho scovato sul web che penso possa interessare a molti, per ora si fa un gran parlare di cromoterapia, ma dubito che chi ne parla sappia veramente cosa sta dicendo, onde evitare inutili confusioni riporto per intero un articolo scritto dal Prof. Ruggero Sicurelli, ho preferito evitare qualsiasi elaborazione considerando che il testo è molto chiaro e soprattutto interessante.
Buona lettura!


Test di Luscher e psicologia del colore
Percezione del colore e risposta psicofisica, comportamentale ed emotiva
"Ho cercato di esprimere le terribili passioni umane attraverso il rosso e il verde". (Vincent Van Gogh)
Lo psicologo, psichiatra e filosofo svizzero Max Luscher ha steso un interessante il “test dei colori “(1949), che trovò rapida diffusione negli anni '60 in tutta Europa e negli Stati Uniti, basato sull’assunto che una particolare attrazione o repulsione nei confronti di un determinato colore siano riconducibili a particolari stati psicofisici ed emozionali che ogni colore ed ogni combinazione cromatica generano nell'osservatore (osservazione che è alla base, fra l'altro, della cromoterapia).
Quindi, secondo Luscher, alla visione dei colori e delle combinazioni cromatiche si genera una risposta comportamentale, emotiva, fisica, cosicchè la predilezione o il rifiuto per un determinato colore possono rivelare precisi aspetti caratteriali e tendenze emotive nei confronti della vita affettiva e di relazione, tenendo conto anche che la preferenza mostrata verso ciascun colore e le reazioni che provoca nel soggetto cambiano a seconda degli individui e dei vari momenti nello stesso individuo: in breve, i colori parlano di noi, dando precise informazioni su bisogni, desideri, rifiuti, paure, basta saper decifrare il messaggio.

E' un linguaggio piuttosto complesso, in parte influenzato dal retroterra culturale di ciascuno, in parte condizionato dalla nostra individualità psicologica, sempre rivelatore di una componente inconscia e soggettiva della quale il colore rappresenta la chiave d'accesso.
Il test di Luscher si avvale di otto colori, 4 colori base (rosso, giallo, verde e blu) e 4 colori ausiliari (viola, marrone, grigio e nero), che concorrono a descrivere diversi sentimenti di sé.
Il rosso che provoca eccitazione e spinge verso l'attività, denota un senso di forza e di sicurezza, per cui la scelta orientata al rosso corrisponde ad uno stato di attivazione nella direzione di una conquista, ad un desiderio espansivo, all'aspirazione alla mobilitazione di tutte le energie (sessuali ed aggressive): esprime fiducia e sicurezza di sé.
Il blu è la calma, la soddisfazione, la pace interiore, la quiete, l'armonia.
Il verde esprime stabilità, forza, tenacia, costanza, perseveranza, equilibrio psicologico, autostima, riferimento saldo a valori forti.
Il giallo, caldo, irradiante, luminoso suggerisce espansione e movimento, libertà e autonomia, è colore del cambiamento e della ricerca del nuovo.
Il viola, ottenuto mescolando rosso e blu, è il colore della trasformazione, della metamorfosi, del passaggio da uno stato ad un altro, magico, mistico, spirituale.
Il marrone è un colore solido, corporeo, materiale, corrisponde alla sensazione della propria fisicità.
Il grigio è il colore neutro di chi prende le distanze dai sentimenti e dalla vita, optando per il non coinvolgimento.
Il nero è il 'non colore', la negazione, l'opposizione dietro la quale può nascondersi un desiderio di rivendicazione di potere.
In linea di massima, si può concludere che i colori caldi (giallo, arancione e rosso) esprimono aggressività, irrequietezza o stimoli positivi, mentre quelli freddi (violetti, blu e verdi) sono negativi, pacati, riservati, tranquilli.
Dice il Prof. Ruggero Sicurelli: "La percezione del colore va intesa come un evento rivelatore di una dinamica emozionale profonda, che dipende dalle caratteristiche personologiche del percepiente. In altri termini, la tavolozza cromatica interna dipende non solo dal nostro modo di percepire i colori esterni, ma anche dalla nostra specifica modalità di rivisitare emozionalmente gli stessi. Questo in relazione ad un approccio psicologico che mette in primo piano la biografia personale piuttosto che gli accadimenti culturali. Ciò non toglie che la libertà di elaborazione personale dei percetti non sia totale......
Particolare importanza va data alle dinamiche cromatiche, poichè i colori si caricano del loro contenuto emotivo anche in forza delle relazioni in cui vengono rappresentati, relazioni che possono avere valenza pesantemente soggettiva, come si può facilmente verificare analizzando un quadro di un artista espressionista, dato che l'Espressionismo fu il primo movimento che utilizzò il colore in chiave strettamente emozionale e personale: per Wassilij Kandinsky, ad esempio, fondatore del Der Blaue Reiter, l'armonia del colore è un mezzo per arrivare direttamente a contatto dell'anima, ogni colore ha in sè uno specifico valore espressivo e spirituale ed è quindi in grado di rappresentare la realtà spirituale senza bisogno di alcun tramite oggettivo.
"La pittura è l'arte che rappresenta su di un piano un fenomeno sensibile. Il mezzo della pittura è il colore, come fondo e linea. Il pittore trasforma in opera d'arte la concezione sensibile della sua esperienza. Non ci sono regole per questo. Le regole per l'opera singola si formano durante il lavoro."
Questo afferma Kirchner, a cui si deve la costituzione di Die Brucke, attraverso il quale l'Espressionismo tedesco ha raggiunto probabilmente la sua punta più alta, che si avvale di viola e verdi violenti, gialli saturi o del teso contrasto del bianco e nero (proprio in bianco e nero sono molti dei suoi ultimi lavori), colori attraverso i quali urla quel travaglio interiore che lo porterà prima alla follia e poi al suicidio.
Osservazioni introduttive
La percezione del colore va intesa come un evento rivelatore di una dinamica emozionale profonda, che dipende dalle caratteristiche personologiche del percepiente. In altri termini, la tavolozza cromatica interna dipende non solo dal nostro modo di percepire i colori esterni, ma anche dalla nostra specifica modalità di rivisitare emozionalmente gli stessi. Questo in relazione ad un approccio psicologico che mette in primo piano la biografia personale piuttosto che gli accadimenti culturali. Ciò non toglie che la libertà di elaborazione personale dei percetti non sia totale, poiché il soggetto è vincolato da determinanti socio-storico-culturali, che vanno debitamente tenute in conto e che danno un certo spessore di credibilità a valutazioni quali quelle emergenti dai clinici che si servono di test come quello del colore.tutti i diritti riservati; Arteit.it - Tv
Sono in molti ad insistere sulla soggettività delle risposte emotive agli stimoli cromatici. Ricordiamo, per esempio, Lowenfeld V. e Lambert Brittain W. (1969), i quali ricordano che la reazione al colore sarà sempre un mezzo di espressione estremamente soggettivo. Comunque, a loro modo di vedere, non ha senso valutare la risonanza emotiva di un colore preso a se stante, ma occorre valutarlo nei diversi contesti associativi rispetto ad altri colori. Il problema è quello delle dinamiche cromatiche. Un blu associato ad un porpora può determinare una sensazione di solitudine e tristezza, mentre un porpora in un contesto giallo brillante determinerebbe un senso di solennità. Un verde accostato al giallo può significare paura, mentre può avere carattere distensivo se lo metiamo vicino ad un blu pallido.tutti i diritti riservati; Arteit.it - Tv
Secondo le teorizzazioni degli autori, in genere le associazioni colori - emozioni sono piacevoli o spiacevoli. In linea di massima, i colori caldi (giallo, arancione e rosso) sono aggressivi, irrequieti o stimolanti e positivi, mentre quelli freddi (violetti, blu e verdi) sono negativi, scostanti e riservati, tranquilli o sereni. Occorre fare però attenzione alle generalizzazioni indebite, poichè i colori vivaci non implicano necesariamente vivacità emotiva. I colori, cioè, ricevono il loro contenuto emotivo tramite le relazioni in cui essi vengono rapresentati. Le relazioni sono il risultato di esperienze o associazioni soggettive, le quali, come nel caso dell'arte espressionistica possono risultare estremamente individuali.
Relativamente al modo personale di rivisitare le tinte percepite da parte di un determinato soggetto, occorre ricordare il pensiero di W. Kandinsky, per il quale il colore è un mezzo per stimolare direttamente l'anima. In merito egli amava dire che l'armonia dei colori è fondata su un solo principio: l'efficace contatto con l'anima. A suo avviso ogni colore è dotato di un proprio valore espressivo e spirituale e, di conseguenza, suo tramite è possibile rappresentare la realtà spirituale prescindendo da qualsivoglia allusione oggettiva. A suo modo di vedere, la luce colorata può avere particolari effetti sull'organismo. Da tempo, ha avuto modo di scrivere nel 1910 Kandinsky, si cerca di usare la forza del colore per aver ragione delle malattie nervose e delle tensioni quotidiane. Egli in merito rileva che si è così scoperto che il rosso ha un potere vivificante e stimolante anche sul cuore, mentre l'azzurro può portare ad una paralisi temporanea. Simili valutazioni sembrano più 'artistiche' e poetiche che scientifiche. Ciò non toglie che il principio di fondo, quello relativo all'influenza dei colori sulle nostre emozioni, possa ritenersi corretto.
Il linguaggio è espressione di un sapere profondo, che a volte può sfuggire alle riflessioni più distratte. "Hai una brutta faccia, il tuo colorito non mi piace molto". Questa espressione di un soggetto preoccupato che si rivolge ad una persona cara chiama in gioco il pallore il quale viene percepito dal valutante come un segno di stanchezza, di preoccupazione o di malattia. "Tuo figlio ha proprio un bel colorito". Ecco, come un modo di dire cromaticamente connotato che può consentire l'esternalizzazione di stati d'animo complessi e non sempre consapevolmente padroneggiati dal parlante.
Psicologicamente, più del colore è importante il suo cambiamento. Se, per rimanere sulla tinta evocante il pallore, lo sbiancamento è repentino, lo stesso può chiamare in causa emozioni quali l'ansia, la paura o, al limite, lo stupore catastrofico. "Sei sbiancato come un lenzuolo" è un'espressione che intende alludere ad un cambiamento riferibile alle emozioni provate dal soggetto osservato. Mutando colore, l'espressione facilmente coglibile nel dire quotidiano "Sei diventato rosso" suggerisce un'interpretazione del tipo: "Stai mentendo" o "Sei imbarazzato". "Sei nero, oggi hai proprio l'aria di chi ha cento diavoli per capello". Il nero, in questo caso, rinvia alla persona che scopriamo rabbuiata, che non riesce a riverberare dal suo viso luce alcuna. La persona felice, per contro, tradisce un volto radioso, luminoso, trasparente. Il nero, almeno da noi, è il colore della notte e della morte dell'intimorente e dell'ignoto. Nera è la vita grama. Nera è anche la sfortuna e la fame.
Simili modi di dire chiamano in causa una valutazione psicologica immediata e spontanea, quanto le considerazione dello psicologo così come queste tacitamente emergono nell'interazione terapeutica. Alcuni psicoterapeuti, per mettere a punto le loro diagnosi, a volte si servo di testi rimandanti alla percezione del colore. Si pensi in primo luogo al reattivo del Rorschach (noto ai più come il 'test delle macchie'). L'influenza dei colori nella vita dell'uomo non interessa solo lo psicodiagnosta, ma anche il clinico. Questo è il parere di alcuni studiosi, che guardano con simpatia alla "cromoterapia", capitolo sul quale avremo modi di insistere nel prossimo capitolo.
La vita del colore
Di che colore sei?
Molti di noi, sin da piccoli, sono stati fatti oggetto di una ricorrente domanda: "Quale colore preferisci?". Una simile richiesta può sembrare ai più oziosa quanto banale. Questa valutazione non riguarda numerosi studiosi che, negli ultimi decenni, si sono impegnati in onerosi lavori "scientifici" di respiro storico-culturale. A prima vista, può sembrare che sia del tutto inutile sapere se un soggetto preferisca un colore piuttosto che un altro. Ciò può essere vero per l'uomo della strada ma non, per limitarci ad un esempio, per il pubblicitario. Questi, in assenza di informazioni quali quella qui considerata, può a volte scivolare in imbarazzanti incidenti di percorso. D'altro canto, numerose fra le scelte che operiamo nel quotidiano dipendono dal nostro sistema di preferenze cromatiche. Il pensiero non va solo al nostro modo di porci di fronte all'offerta commerciale, ma anche alla nostra risposta agli stimoli estetici (si va dall'abbigliamento alle opere d'arte). Inoltre, se siamo degli artisti, i colori della nostra tavolozza tendono ad esprimere qualcosa di noi: in discussione c'è, per certi versi, la nostra natura psicologica profonda.
Ritornando alla domanda di partenza, occorre precisare che la mia ipotetica reazione può dipendere da numerosi fattori che possono essere o meno contingenti. La risposta 'bianco', può dipendere dal fatto che un attimo prima che mi fosse posta la domanda mi sono soffermato percettivamente su una tela bianca di Lucio Fontana, offesa da un taglio verticale. D'altro canto, posso reagire con delle risposte che possono scaturire da lontane evocazioni biografiche. In termini di scelte negate, posso per esempio odiare il bianco semplicemente perché da piccolo mi costringevano a bere il latte o perchè venivo puntualmente sgridato a tavola in quanto ero solito sporcare una tovaglia che, per l'appunto, era bianca. D'altronde, la mia passione per la Ferrari può farmi venire alla mente il colore rosso, soprattutto se un attimo fa ne ho vista sfrecciare una davanti a me.
La scelta cromatica dipende anche dagli oggetti cui essa si riferisce e che mi vengono in mente nel momento in cui mi accingo a fornire la risposta al mio interlocutore. Se penso ad una camicia il nero può non andarmi bene (soprattutto se alla spalle ho un vissuto politico di sinistra), mentre il medesimo colore può piacermi moltissimo se faccio riferimento ad un dipinto di Vedova. D'altro canto, se un negoziante mi chiede di quale colore desidero le scarpe che sto per comprare sarà alquanto difficile che mi venga in mente un rosa brillante. Infine, se sto passando un momento critico della mia vita e all'improvviso il mio terapeuta mi chiedesse qual'è il colore che mi viene in mente farei probabilmente riferimento ad una gamma cromatica che va dal grigio al nero, passando per il marrone. Diversamente andrebbero le cose se mi trovassi in un momento di grande euforia. L'azzurro, il rosso o il giallo avrebbero probabilmente il sopravvento sugli altri colori.
Malgrado simili premesse, non possiamo bollare con il termine "banali" le indagini scientifiche vertenti sul colore preferito. Quando si lavora sui grandi numeri le casualità emergenti da scelte accidentali tendono a vanificarsi per consentirci la manipolazione di dati sufficientemente oggettivi. La validità di questo assunto è dimostrata dalla significatività statistica che supporta le diverse scelte che si registrano in paesi dissimili. Indicativi sono in merito i riscontri che ci vengono offerti dallo storico francese M. Pastoreau (1987). In relazione alle coordinate spazio-temporali, l'autore nota una persistenza del blu all'apice delle scelte effettuate dalla popolazione adulta occidentale (mediamente si raggiunge il 60% delle indicazioni rilevate). Per quanto concerne l'Europa, il blu primeggia in tutti i paesi tranne che in Spagna, dove s'impone il rosso. Relativamente alle altre nazioni, le cose possono cambiare significativamente. Si pensi, per limitarci ad un solo paese -il Giappone-, al fatto che il blu non compare fra le prime scelte dei nativi, i quali rispondono con la seguente gerarchia: bianco (40%); nero (20%) e giallo (10%).
Simili differenze nei gusti cromatici possono sembrare ininfluenti per quanto concerne il vivere quotidiano. Non è così, poiché esse si riflettono in vari settori dell'agire umano. Sul versante pubblicitario, per esempio, il Giappone è costretto ad affidarsi ad un duplice codice cromatico: per gli spot diretti al pubblico interno il bianco è il colore di riferimento chiave per propagandare un determinato bene di consumo. In relazione agli stessi prodotti, i pubblicisti nipponici devono ricorrere a tinte diverse quando pensano al mercato straniero. La Canon e la Nikon, insistono nel destinare al mercato interno delle macchine fotografiche con il corpo nero, mentre per quello straniero hanno recentemente con successo puntato sul giallo, sul blu e sul rosso.
Come s'è visto, il colore non è coglibile come realtà autonoma oggettivamente determinabile. Preso a se stante non ha alcun senso. Esso può avere solo utilizzazioni. Ciò significa che la sua percezione dipende da numerosissimi fattori, a partire dagli accostamenti cromatici cui viene fatto oggetto (alcune tinte 'succhiano' il colore critico mortificandone la forza, mentre altre sortiscono l'effetto contrario). L'intensità del colore dipende anche dalla sua superficie (H.Matisse ha avuto modo di affermare che un metro quadrato di blu è più blu di un centimetro quadrato dello stesso colore). I colori, nei loro accostamenti, hanno la caratteristica di comportarsi come reciproci produttori di senso. Dal loro contrasto, inoltre, può prendere corpo un movimento insospettabile qualora si pensi a delle superfici monocrame. Quel grande esponente del fauvismo (L. Vauxcelles definì Matisse e i suoi compagni di colore "fauves" -belve-) che è Matisse esalta il colore preso per se stesso utilizzando dei toni puri, i quali riescono a capovolgere il rapporto forma/colore. Egli lascia che il colore dia ritmo a delle forme l'espressività delle quali viene, a volte, garantita da un deciso tratto nero.
In armonia con gli assunti del relativismo linguistico, vediamo i colori che percepiamo usualmente attorno a noi, che siamo in grado di nominare e che, di conseguenza, conosciamo. In altri termini, le premesse ideologiche che stanno alla base del nostro modo di guardare agli oggetti colorati che percepiamo dipende dal nostro modo di pensare a loro e, di conseguenza, di guardarli. Dopo gli studi di Newton sulla classificazione spettrale dei colori siamo in grado di apprezzare una gamma cromatica più estesa rispetto a quella che potevamo rilevare prima delle sue scoperte. D'altro canto, come osserva Pastoureau, nel medioevo l'uomo, pur avendo lo stesso nostro apparato sensoriale, in genere vedeva nell'arcobaleno solo tre colori: il rosso, il giallo-verde e l'oscuro.
Oltre alle precisazioni di cui sopra, occorre ricordare che la percezione, la denominazione e l'utilizzazione simbolica e sociale del colore sono sottoposte alla legge del relativismo culturale. Gli apprezzamenti delle tonalità di bianco che sono in grado di formulare gli eschimesi sono impensabili da noi e ancor più nel continente africano. Non vediamo oggettivamente le cose, ma le percepiamo con un occhio diverso in relazione alla nostra cultura di appartenenza. Un noto esperimento sulla percezione ricorda come un occidentale chiamato a valutare la lunghezza di due lati contigui di un quadrato, senza sapere che di un quadrato si tratta, insisterebbe sulla convinzione che vede il lato orizzontale più lungo di quello verticale. Uno zulù risponderebbe in senso opposto. Simili differenze entrano in gioco anche in relazione alla percezione cromatica.
D'altronde, i colori esprimono spesso una spinta ambivalenza significando in contesti diversi cose dissimili. Anche il polo d'attrazione simbolico, positivo o negativo, di un colore può avere una forza differente in relazione alle specificità storiche e culturali che lo concernono. Il trionfo di questo colore assicurato dalla riforma protestante ha, per esempio, rivalutato gli aspetti positivi del nero rispetto a quelli negativi. Relativamente a questi ultimi è facile venga in mente la connessione nero/morte (ciò è vero da noi, ma non nell'Africa equatoriale dove il bianco prende il posto del nero). In merito occorre però precisare che l'associazione in discussione è più recente di quanto non si sia soliti pensare. La sua radicalizzazione, nel nostro universo culturale, inizia verso nel XV secolo dopo Cristo.
Anche l'apprezzamento dei contrasti cromatici varia in ragione di precise coordinate storico-culturali. Il problema si è presentato con una sistematicità rimarchevole a partire dal XII secolo, periodo in cui nasce l'araldica. Stemmi, blasoni e bandiere si sono imposti all'insegna di una comunicazione visiva destinata a consentire un'immediata percezione della referenzialità gruppale. Gli accostamenti cromatici scelti non rispondono tanto al capriccio del principe di turno, quando a delle regole associative precise. Pastoureau ricorda come l'araldica preveda delle opzioni interessanti sette colori divisi in due gruppi: i metalli (bianco e giallo) e gli smalti (rosso, azzurro, nero, verde e porpora). La regola associativa prevede in questo caso rigorosamente l'associazione di un 'metallo' con uno 'smalto'. Da notare: nel 1986 un ricercatore si è preoccupato di valutare la persistenza di questa regola nelle 163 bandiere, relative agli stati allora indipendenti, trovando che oltre l'80% dei casi la norma era rispettata.
Prof. Ruggero Sicurelli
Fonte: arteit

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